Project Pantani

Una delle prime cose con cui ci si scontra trasferendosi a Londra, a detta di qualunque expat del mondo, è che i mezzi costano un sacco.

Per capirci, il mio commute quotidiano da casa all’ufficio, che consta di tre fermate di metropolitana ma in due zone diverse della mappa di TFL (l’ATM londinese), ammonta a poco meno di sei pound al giorno, che rispetto ai dieci euro di un settimanale della metro di Milano, ecco, minchia.

Se a questo si aggiunge che, per quanto storica, iconica e capillare, la metro di Londra fa veramente cagare, soprattutto la mattina all’ora di punta, visto che tra le altre cose non prende il telefono e in qualunque stagione dell’anno ci sono cinquecento gradi, è ovvio che chiunque possa pensi a un piano alternativo per evitare la Tube.

Fortunatamente, il governo britannico non è sempre privo di idee di senno come nella questione della Brexit, ma ogni tanto ne fa anche una intelligente, come il Cycle To Work Scheme: in pratica, se il tuo datore di lavoro aderisce e te lo offre come benefit, puoi avere un voucher fino a mille sterline per l’acquisto di una bici e di accessori assortiti, che ripagherai poi in dodici mesi con la formula del salary sacrifice, ossia ti verrà detratto dallo stipendio lordo riducendo così la quantità di soldi su cui poi pagherai le tasse.

In sostanza, hai un finanziamento annuale per l’acquisto di una bici e lo ripaghi ottenendo delle detrazioni dalle tasse: non c’è motivo per non farlo, soprattutto se, come nel mio caso, la rata mensile è sensibilmente più bassa della cifra che spenderesti per la metropolitana.

Ecco quindi che grazie alla Regina e al suo governo sono pronto a svelarvi il mio nuovo progetto per spendere meno e diventare un bronzo di Riace, il progetto Pantani:

Il nome del progetto, ovviamente, non si riferisce in alcun modo al famoso campione del passato della disciplina sportiva consistente nello scovare nuove sostanze da iniettarsi, ma è piuttosto indicativo dello stato delle strade che calco a bordo del mio nuovo destriero, che grazie al clima londinese sono in sostanza dei grandi slalom tra una pozzanghera e l’altra.

“Ma Raibaz, tu detesti andare in bici!” direte voi, miei tre appassionati lettori.

Verissimo, ma non è certo l’unica cosa che ho sempre detestato che sto facendo in questo periodo, in cui la comfort zone è qualcosa che non mi ricordo nemmeno più che faccia abbia, quindi tutto sommato c’è di peggio, visto anche che il mio datore di lavoro offre un sacco di facilities che rendono i viaggi in bici molto meno pesanti.

C’è il parcheggio custodito per le bici, e ok, ma c’è anche lo spogliatoio con le docce e lavatrice/asciugatrice, per cui anche se mi è già capitato di arrivare in ufficio pezzato come dopo una maratona non è tutto sommato così grave, riesco ad avere un aspetto accettabile comunque.

Certo, se riuscissi anche a trovare una strada che non abbia il duecentottantasei per cento di pendenza per la prima metà e una discesa vertiginosa per la seconda non sarebbe male: ne ho provate due o tre e non capisco come mai finisco sempre a dover scalare una collina e a dover riscendere…non sapevo che Londra avesse più colli di Roma, maledizione.