Nostos

C’è questo tizio.

Non è bellissimo come gli altri personaggi delle storie in cui appare, non è forte, non è invincibile; la sua caratteristica principale, secondo quello che lo descrive, è che è polytropos, che è un aggettivo su cui la mia prof di greco ci aveva fatto passare ore intere ma che, in sostanza, vuol dire che è quello che oggi definiremmo “un uomo dalle mille risorse”.

La storia principale che lo coinvolge, che sicuramente conoscerete, racconta del suo viaggio intorno al mondo dopo che è andato in culandia ad applicare con successo i suoi molteplici talenti e vuole tornare a casa, ma il destino gli è avverso, e prima di poter tornare a casa deve affrontare mille peripezie, venti contrari, giganti con un occhio solo, sirene, maiali e sa dio che altro, e, per l’appunto, usare le sue mille risorse per trovare un modo di tornarci, a casa, pure quando gliene succedono veramente di ogni.

Insomma il tizio che racconta la sua storia la mena in lungo e in largo sul suo viaggio, e sul culo che si fa per tornare a casa, perché in qualunque angolo del mondo si trovi, in mezzo a tutte le sue peripezie, comunque vuole tornare a casa…e ovviamente, quando a casa ci torna, né casa sua né tantomeno lui stesso sono quelli che si aspettava.

Ci si mettono di mezzo gli dei, ok, perché in quelle storie lì quando deve succedere qualcosa di difficile da spiegare si tira in mezzo una divinità ex machina qualunque, sta di fatto che arriva a casa e l’unico che lo riconosce è il cane, perché lui non assomiglia nemmeno più a quello che era quando è partito.

Insomma, dopo libri e libri, esametri ed esametri in cui ha sfrangiato le palle a destra e sinistra perché voleva tornare a casa, torna a casa e deve comunque mettersi a fare le gare di tiro con l’arco e, di nuovo, squadernare le sue mille risorse per riaverla, una casa, non solo intesa come luogo geografico.

Ecco, io a volte ho la sensazione di non avere neanche il cane.

Il fatto, in realtà, è che per quanto quel tizio, e quello che ne racconta la storia, la menino col nostos, che è la parola greca da cui deriva, tra l’altro, la nostra parola nostalgia, letteralmente “il dolore del ritorno” nonché uno dei più grandi cancri della società contemporanea, da un viaggio non si torna indietro.

Proprio come non si può tornare a quando giocavano Firicano bomberone e Cleto Polonia e la musica era davvero bella mica come questa merda di adesso e i giovani avevano rispetto per gli anziani e qui era tutta campagna, il tempo scorre in una sola direzione, per tutto e per tutti, e tutto quello che si può fare è andare avanti.

Il tizio di prima, in una storia raccontata da un altro più di mille anni dopo, a un certo punto se ne rende conto, si rende conto che non è mai davvero tornato dal suo viaggio e decide di farne altri, mosso da una inarrestabile sete di virtute e canoscenza, perché sa che la sua strada non va all’indietro, ma solo in avanti.

Io non so dove vada la mia, di strada (anche se oltre le colonne d’Ercole ci sono stato e non sono caduto giù), ma ho imparato che le strade di tutti vanno solo in avanti; al massimo possono reincrociare quelle di altri posti cose persone, ma anche loro non tornano mai indietro; a me viaggiare non piace, ma se non altro aiuta a decidere quali di queste strade vale la pena reincrociare, quando si torna avanti, e quali no.